La parola al nutrizionista, Fabio Bussacchini
Il mio nome è Fabio Bussacchini e sono Nutrizionista. Mi occupo di nutrizione da oltre venti anni e la mia passione è sempre stata riposta nello studio della perfezione del nostro organismo e dell’equilibrio della triade: mente, corpo, spirito.
Quando ho iniziato lo studio nel microbiota (mai interrotto) ho capito da subito che noi siamo ospiti dei nostri batteri e che, quindi, questi ultimi devono essere rispettati, nutriti e curati.
L’alimentazione moderna, purtroppo, ha dimenticato le buone prassi nutrizionali a favore di un’industria sempre maggiormente votata la business e non alla salute dei consumatori.
I cibi sono sempre meno ricchi di sostanze nutrienti, di vitamine e minerali nonché di batteri probiotici.
Da questo, risulta necessario virare la nostra alimentazione su prodotti che siano veramente benefici per noi e per i nostri batteri. Detti prodotti posso essere tutti riconducibili alla famiglia degli alimenti fermentati.
Nel 2021, l’International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics (ISAPP) ha pubblicato una dichiarazione di consenso sulla definizione di alimenti fermentati: “Gli alimenti fermentati sono alimenti ottenuti attraverso la crescita microbica desiderata e le conversioni enzimatiche dei componenti alimentari”.
Storicamente l’uomo ha sempre introdotto gli alimenti fermentati a mezzo dieta, consumando alimenti ricchi di fermenti o più recentemente fermentati.
L’industrializzazione dei cibi e soprattutto i trattamenti spinti a cui i cibi industriali sono sottoposti hanno, di fatto, condotto a una “sterilizzazione” dei cibi con la conseguente perdita di introduzione di fermenti vivi.
Da questo è scaturito un impoverimento della flora batterica intestinale; in particolare sono state individuate ben 1500 specie batteriche che popolano il nostro intestino (e ben 6000 famiglie di virus!). La dieta varia moderna abbassa questo numero a circa 500 mentre una dieta monotona (quella che è seguita dalla maggior parte delle persone sul pianeta) conduce ad averne solamente 150-200 specie.
Questo, purtroppo, si traduce in una diminuzione drastica della variabilità del nostro microbiota e, conseguentemente, a tutta una serie di problemi dovuti a una bassa presenza di ceppi probiotici all’interno del nostro intestino (soprattutto Lactobacillus spp e Bifidobacterium spp.).
Premesso questo diventa realmente importante arricchire la nostra dieta di alimenti fermentati.
La particolarità di questi alimenti, oltre a essere fermentati, risiede anche nel fatto di non essere sottoposti a trattamenti termici così da garantire la vitalità dei fermenti in essi contenuti. La maggior parte degli alimenti fermentati sono sottoposti a pastorizzazione che ne vanifica gli effetti benefici. I trattamenti termici sono effettuati per aumentare la durabilità del prodotto e per correggere eventuali errori fermentativi. Il prodotto, però, non possiede alcuna proprietà benefica batterica!
Gli alimenti fermentati che contengono alti livelli di acidi organici dalla fermentazione (>100 mM) (es: acido lattico, acetico, malico, ecc.), combinati con una bassa attività dell’acqua e un basso pH sono considerate microbiologicamente sicure, poiché queste variabili favoriscono la proliferazione di specie probiotiche a sfavore di quelle patogene.
Le fermentazioni alimentari possono anche migliorare la salubrità dei cibi e la loro qualità nutrizionale rimuovendo composti tossici o antinutritivi dalle materie prime. Ciò avviene, ad esempio, nelle fermentazioni di cereali, legumi e tuberi. Durante le fermentazioni alcune specie batteriche annullano l’azione dei fitati (famiglia di composti associati ai cereali che lega i cationi bivalenti – calcio, magnesio, ecc. – e ne riduce l’assorbimento naturale nel tratto gastrointestinale). Questo si traduce in una maggiore biodisponibilità di calcio, magnesio, ferro e zinco. Si ipotizza anche che la fermentazione del lievito naturale riduca la concentrazione di altre proteine immuno-reattive, compreso l’inibitore dell’amilasi-tripsina nel frumento, e potrebbe quindi essere meglio tollerata rispetto ai pani convenzionali da soggetti con intolleranza al frumento.
L’attività microbica prodotta dalle fermentazioni alimentari determina l’arricchimento e/o la rimozione di composti che influiscono sulla composizione nutrizionale del prodotto alimentare finale. I microrganismi riducono le concentrazioni di monosaccaridi e disaccaridi ipercalorici (glucosio, saccarosio e fruttosio) presenti nel latte, nella carne e nelle piante attraverso vie cataboliche. Le riduzioni di alcuni zuccheri potrebbero anche ridurre l’indice glicemico e migliorare la tollerabilità alimentare (ad esempio, il lattosio nei latticini, i fruttani nel grano, o il raffinosio, lo stachiosio e il verbascosio nella soia e nei legumi).
La fermentazione può comportare l’idrolisi di polisaccaridi, proteine o grassi, aumentando così la loro digestione. Si verificano anche altre reazioni enzimatiche, tra cui reazioni di disattivazione e/o degradazione (ad esempio inattivazione dell’inibitore della tripsina dei semi).
Per gli alimenti contenenti polifenoli, la conversione dei composti fenolici da parte dei lattobacilli aumenta la biodisponibilità di flavonoidi, tannini e altri composti bioattivi. La biosintesi di vitamine, derivati amminoacidici, acidi organici e cofattori può avvenire anche durante la fermentazione, con effetti a livello locale gastrointestinale o sistemico (è ormai noto che la maggior parte dei batteri sia in grado di produrre vitamine).
Numerosi studi sull’uomo hanno dimostrato che i microrganismi negli alimenti fermentati possono sopravvivere al transito gastrico e raggiungere il colon, esplicando lì la loro azione benefica. Poiché circa il 70% del sistema immunitario umano si trova nel tratto gastrointestinale, gli alimenti e le bevande sono il canale principale di contatto tra gli antigeni esterni e il corpo umano.
Il tratto gastrointestinale è vulnerabile al modello iniziale di colonizzazione microbica durante i primi mesi di vita, attivando una finestra critica per gli effetti degli stimoli microbici sul sistema. In uno studio trasversale, l’assunzione di cibi fermentati (verdure fermentate) durante la prima infanzia è stata associata a un ridotto rischio di atopia infantile.
In un altro studio epidemiologico, il consumo di cibo fermentato combinato con le basilari regole igieniche comuni ha anche ridotto il rischio di allergie infantili.
Gli autori del primo studio hanno inoltre riportato che uno stile di vita antroposofico (basso uso di antibiotici e vaccinazioni e alto apporto di verdure fermentate) era associato a differenze nella struttura del microbioma infantile, inclusa una maggiore abbondanza e diversità di ceppi batterici e una maggiore concentrazione di acetato rispetto a bambini con stile di vita “tradizionale”.
L’assunzione di cibo fermentato è anche uno dei fattori sinergici associati all’educazione agricola, un fattore dello stile di vita che è stato costantemente associato a un ridotto rischio di allergie e asma.
Queste associazioni potrebbero indicare che la mancanza di alimenti fermentati nelle società moderne e industrializzate costituisce una sostanziale perdita di esposizione a microrganismi non nocivi importanti per lo sviluppo e il mantenimento del sistema immunitario.
Si riporta l’articolo scientifico quale bibliografia del presente articolo.
È nutrizionista e si occupa di Total Food Defence, Qualità e Legislazione Alimentare per conto di diverse aziende alimentari internazionali, come libero professionista.
È docente in diversi corsi dedicati alla nutrizione umana ed educazione alla corretta nutrizione, nonché lettura delle etichette alimentari.
Ha prestato servizio per sei anni come Ispettore N.A.S. (Nucleo Carabinieri Antisofisticazione e Sanità), durante i quali ha proceduto a controlli su sicurezza alimentare, integratori e farmaceutica in tutto il territorio nazionale, gestendo in prima persona diverse emergenze sanitarie e alimentari.
Ha scritto Il dono (Eifis Editore) e La salute passa dall'etichetta (Edizioni Enea).
Il suo sito è www.fabiobussacchini.it